Due fermate
Non so se sei salita con me o se eri già qui. Avevo notato “solo“, tra centinaia di persone, un ragazzo con la sindrome di down che “casualmente” ora mi ritrovo seduto accanto.
Di te mi accorgo perché ti sento piangere: le orecchie prima degli occhi. Sei appoggiata alla porta, guardi il cellulare che hai in mano e piangi. Non sembri preoccuparti di chi ti sta accanto, ma neanche la gente si preoccupa delle tue lacrime. Solo io.
Invadente.
Sei alta, hai un lungo impermeabile e sembra che ti abbiano tolto qualcosa. Cosa? Non posso saperlo. Un amico, un amore, un lavoro, un sogno… non so cosa deve giustificare le tue lacrime.
Si libera un posto e ti siedi di fronte a me. Hai un basco nero che cerca di trattenere corti ciuffi di capelli chiari, chiari come i colori del tuo volto, dei tuoi occhi senza trucco. Porti un pantalone nero a gamba larga che si alza e mostra degli sgargianti calzini colorati che oggi stonano con te. Devi averli indossati prima della notizia delle lacrime forse; ti danno l’aria di un pagliaccio fuori servizio.
Singhiozzi ancora ma le lacrime restano negli occhi chiari e lucidi, come se, almeno loro, non avessero la forza o la voglia di abbandonarti.
Uno sguardo fuori, ti alzi e sei andata via. Il tuo posto è subito occupato da un’altra donna. Che ha altri colori, altri pensieri, che non si accorge di quelli che forse tu hai lasciato per alleggerire il peso che ti è caduto addosso.
Due fermate soltanto per concedere un incontro, per non permettere a quelle lacrime di essere versate in una solitudine troppo grande.
- Zingara
- Il bambino alla finestra